Difesa personale
Come ogni arte marziale, anche il Taekwondo – essendo nato tale prima di diventare sport da combattimento e successivamente sport olimpico – annovera una vasta varietà di tecniche deputate alla difesa personale, molte delle quali pertanto non utilizzabili durante le competizioni sportive.
Le arti marziali nascono per soddisfare un’esigenza atavica dell’essere umano: la protezione della propria specie dalle minacce esterne.
In principio l’uomo ha iniziato a difendersi dai pericoli derivanti dalla natura, in particolare gli eventi atmosferici e le bestie feroci. Per entrambe le situazioni la prima forma di difesa fu trovare un riparo e successivamente riunirsi in gruppi allo scopo di aiutarsi reciprocamente. Tuttavia anche riuniti, i pericoli non diminuivano, diventavano soltanto più gestibili grazie all’unione tra i componenti del gruppo. Furono create delle armi che servivano al doppio scopo di difendersi e cacciare gli animali per cibarsene.
I problemi sorgevano quando ben presto nacque l’esigenza di difendersi non solo dalle minacce della natura, ma da altri esseri umani che cercavano di conquistare con la forza, depredare e spesso uccidere chi ostacolasse le proprie brame.
Gli uomini iniziarono così ad utilizzare le tecniche imparate per difendersi dagli animali e le armi utilizzate per dar loro la caccia, allo scopo di proteggere sé stessi e i propri cari da altri uomini. Nacquero così una serie di tecniche con armi e senza che col passare del tempo assunsero in occidente il nome generico di “arti marziali”, dove l’aggettivo marziale vuole significare “di Marte”, nella mitologia romana Dio della guerra e la parola arte sta a denotare ogni attività dell’uomo basata sulla conoscenza di una tecnica, su un sapere acquisito teoricamente o tramite esperienza che richieda un’abilità specifica.
Le arti marziali possono pertanto essere definite come l’abilità di combattere acquisita attraverso l’apprendimento di tecniche atte alla difesa personale. Le tecniche di difesa personale sono tuttavia molto diverse da quelle che vengono applicate nel combattimento sportivo per vari motivi:
- nel combattimento sportivo esistono regole, mentre l’autodifesa prescinde da esse in quanto lo scopo ultimo non è vincere una medaglia, ma preservare la propria vita o quella di un proprio caro
- nel combattimento sportivo, armato o disarmato, si fa in modo che i contendenti partano sempre da una posizione paritaria (stesso sesso, peso simile, stesso grado, stessa disciplina ecc.), evitando di avvantaggiare l’uno o l’altro, cosa che non si verifica mai in una situazione di pericolo reale
- nel combattimento sportivo esistono tecniche proibite – in particolare quelle dirette a punti vitali – che possono causare gravi danni a chi le subisce e finanche la morte. Nella difesa personale quelle tecniche e quei punti sono il discriminante che può salvare la vita di chi si trova in pericolo
- nel combattimento sportivo c’è sempre un arbitro che può in ogni momento interrompere l’incontro per salvaguardare l’uno o l’altro atleta. In una situazione di pericolo reale non ci sarà mai nessun arbitro ad aiutare chi si trova in difficoltà
- nel combattimento sportivo gli incontri si svolgono solitamente uno contro uno, la qual cosa non è mai certa in un’aggressione in strada
- è sempre possibile durante un’aggressione che all’improvviso compaia un’arma per intimorire ulteriormente la vittima o nel peggiore dei casi per ferirla. Nel combattimento sportivo l’uso di eventuali armi è già prestabilito, disciplinato e soprattutto non è prerogativa di uno solo degli atleti
- il combattimento sportivo è solitamente un incontro a tempo, alla fine del quale viene decretato un vincitore in base al punteggio conquistato. La fine di un’aggressione è invece spesso determinata dalla fuga dell’aggredito o dell’aggressore, da una perdita di sensi o, peggio ancora, dalla morte di una delle persone coinvolte. Senza nessun limite di tempo.
Per tali motivi e per altri ad essi correlati, benché molti atleti siano preparati nel combattimento sportivo, spesso potrebbero non esserlo nell’ambito della difesa personale in cui le variabili sono molteplici ed estremamente variegate.
Nel Taekwondo come nelle altre arti marziali, il principio di base è quello di difendere sé stessi il più velocemente possibile e senza rischi inutili, utilizzando metodi più semplici come calci e pugni che possono essere molto dannosi e pericolosi per il malintenzionato, oppure metodi più complessi che, sfruttando la forza e la velocità dell’avversario lo neutralizzano senza provocare danni permanenti e con un minimo uso della forza.
Il punto di forza del Taekwondo sta ovviamente nell’uso dei calci e degli spostamenti che consentono di tenere un eventuale aggressore a distanza di sicurezza anche nel caso fosse munito di un piccolo coltello. Anticipando con un calcio, oppure spostandosi fuori dalla sua portata con movimenti laterali e/o in avanti e all’indietro è possibile evitare attacchi di malintenzionati.
È naturale che oltre agli anticipi e agli spostamenti il praticante di Taekwondo impara anche a parare colpi e a contrattaccare con calci e pugni (o più in generale colpi con la mano chiusa o aperta) in punti vulnerabili.
Utilizzare la forza e la velocità dell’avversario per trarne vantaggio è una abilità che richiede molta pratica ed estrema maestria. Si ottiene con anni di esercizio e consiste in spostamenti e conseguenti sbilanciamenti dell’avversario che viene bloccato con leve articolari o pressioni di punti vitali